logistica Economica e trasporti

logistica economica e trasporti
da un idea di Ennio Forte
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METODOLOGIE ED OBIETTIVI DELLA LOGISTICA ECONOMICA

La logistica non è scienza di oggi, essa è antichissima, di origine militare: se un esercito si muoveva male, e con mezzi insufficienti, perdeva la guerra.
Attualmente i temi della logistica, e cioè l'ottimizzazione dei flussi di merci, persone ed informazioni, sono ascesi ai vertici dell'agenda dei policy maker, entrando a pieno titolo nel settore della pianificazione dei trasporti, impegnando intensamente la ricerca economica e tecnologica ed attraendo ormai, assieme a risorse crescenti, non poche preoccupazioni.
Con l'avvento della new economy, lo sviluppo del PIL e dell'occupazione dipende in maniera determinante dalla efficacia ed efficienza di infrastrutture e servizi logistici. E' chiaro, quindi, come le attività logistiche siano diventate fonte di valore aggiunto, ricchezza e plusvalore non solo a livello microeconomico-aziendale, ma soprattutto a livello macroeconomico territoriale, o meglio di area-sistema.
Con il termine Logistica Economica ci riferiamo ad un contesto ampio dove ritroviamo le infrastrutture specialistiche, la pianificazione del territorio, la regolamentazione dei mercati e le economie/diseconomie esterne del trasporto e dell'outsourcing logistico, da studiare con gli strumenti dell'analisi economica. La Logistica Economica si basa quindi principalmente sull'Economia dei Trasporti con riferimento a prodotti e servizi "logisticizzati" ed è un filone di studio trasversale rispetto ai temi di ricerca classici e consolidati della Logistica Industriale, della Politica Economica, dell'Economia Pubblica e dell'Economia Spaziale e Territoriale, in particolare quella Regionale.
Gli strumenti classici finalizzati alla ottimizzazione dei modelli non sembrano sempre sufficientemente adatti a rappresentare la realtà del mondo della logistica ai cui processi decisionali prendono parte una pluralità di soggetti, spesso in competizione tra loro. A tale scopo sembrerebbero più adatti algoritmi prodotti dall'applicazione della Teoria dei Giochi, cooperativi e non, ai processi logistici.
Attualmente, quindi, la logistica può essere identificata attraverso l'evoluzione che sta vivendo il settore dei trasporti nell'epoca dei mercati globali, che di fatto ha determinato il superamento di gran parte delle teorie di allocazione delle risorse e di localizzazione delle attività produttive. Dalla teoria ricardiana dei vantaggi comparati degli spostamenti di merci, si è ora giunti invece allo studio dello spostamento (riallocazione) degli input e dell'invarianza del valore degli stessi fattori nello spazio globale.
Vi è una nuova geografia mondiale della produzione industriale: la localizzazione delle attività non è più funzione della produzione ma del delivery. Le leggi della produzione, infatti, sono molto diverse da quelle della distribuzione/consumo; le prime, privilegiando la stabilità, impongono che la produzione avvenga in modo geograficamente concentrato e per grandi quantità; il consumo, al contrario, pretende di avere beni in piccole quantità ed in prossimità del luogo dove le famiglie risiedono e lavorano. Poiché c'è questa differenza di luogo e di tempo tra produzione e consumo, la logistica attua una distribuzione nel tempo e nello spazio delle merci prodotte dall'agricoltura e dall'industria. La logistica è perciò un processo di creazione di utilità (di tempo, di luogo e di quantità), e l'utilità consiste proprio nel fatto che il consumatore ha ciò che desidera, quando lo desidera, dove lo desidera e con le giuste informazioni.
L'intera filiera trasportistica si inserisce nella formazione del valore dei beni e servizi "logisticizzati", partendo dalla teoria della invarianza del valore dei beni nello spazio (mutuata dalla teoria finanziaria dell'invarianza dei capitali nel tempo), in presenza di un costo banalizzato di trasporto e di disponibilità competitive di input localizzate in diverse aree geografiche. Questo processo di globalizzazione dei beni nello spazio conduce i sistemi economici dei Paesi industrializzati a delocalizzare la produzione e quindi a rilocalizzare i fattori produttivi (manodopera, materie prime, semilavorati, ecc.) in base al minor costo di approvvigionamento. I cicli di lavorazione si frazionano grazie al supporto logistico e pervengono così a prodotti "logisticizzati" che presentano una maggiore competitività. Infatti, i processi logistici possono agevolare al meglio tale rilocalizzazione, integrando e combinando in modo efficiente fattori reperiti al minor costo sui mercati internazionali per l'ottenimento di prodotti finiti. Il fattore distanza non è più rilevante come un tempo in termini di costo di trasporto; servizi di linea transoceanici effettuati da navi portacontainer, ad esempio, consentono di conseguire dei risparmi di costo su lunghe distanze fino a pochi anni fa impensabili.
Il moderno mercato globale dei trasporti intermodali e combinati ha accentuato e consolidato il legame funzionale dei trasporti terrestri (gomma, ferro, vie d'acqua interne) rispetto alle navigazioni marittime ed aeree, con effetti di dipendenza sui servizi e sulle infrastrutture. Ed allora, in un'ottica di internazionalizzazione occorre interpretare, innanzitutto a livello di pianificazione pubblica, i sistemi di trasporto terrestre secondo un approccio logico-funzionale che preveda la seguente relazione:
Tt = Trasporti terrestri
Nm = Navigazioni marittime
Na = Navigazioni aeree
I = Infrastrutture
S = Servizi
Diventano perciò fondamentali due fattori, due linee guida delle soluzioni logistiche di un sistema-paese moderno:
- l'intermodalità (unitizzazione dei carichi), cioè quella tecnica di trasferimento delle merci che, pur avvalendosi di più modalità di trasporto, non è penalizzata dalla rottura di carico;

- la logica Hub & Spoke (mozzo e raggi), che consente di ridurre i collegamenti necessari per l'interscambio delle merci e gli impatti negativi sul costo e sul servizio generati dalle eventuali rotture del carico.
Mentre il tradizionale sistema a rete prevede che i centri di raccolta e distribuzione delle merci operino come soggetti indipendenti e quindi spesso in sovrapposizione spaziale-merceologica, la logica H&S richiede la concentrazione dei traffici su pochi punti (hub) che sventagliano le merci verso strutture periferiche (spoke) da cui hanno poi origine le consegne finali su brevi itinerari terrestri.
Il modello dei centri di smistamento centralizzati, largamente diffuso nel traffico marittimo, dove gli stessi (hub di transhipment) sono posizionati lungo le tratte servite dalle grandi navi che effettuano servizi intercontinentali, si sta, anche se lentamente, diffondendo nella distribuzione terrestre. In campo marittimo tale soluzione risponde alla necessità degli armatori di massimizzare la saturazione delle grandi navi; in campo terrestre la logica in oggetto prevede lo sviluppo di due distinte strutture logistiche in qualità di hub primari: l'interporto di grandi dimensioni e il terminal cargo aeroportuale. Gli spoke, invece, sono rappresentati dai collegamenti con gli hub di livello inferiore (piattaforme logistiche), che movimentano lotti di merce a scala progressivamente decrescente, posizionandosi nelle immediate vicinanze della destinazione finale delle merci.
Se consideriamo che le problematiche di Logistica Economica sono presenti nella ricerca e relative applicazioni sin dalla seconda metà degli anni '80 negli Stati Uniti e nei più sviluppati Paesi europei, ed hanno consentito la "logisticizzazione" integrale di numerosi processi e di molti distretti produttivi (si pensi ad esempio alla Sylicon Valley), favorendo situazioni di piena occupazione, è auspicabile che ciò avvenga anche in Italia, nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale e territoriale che il nuovo filone di studio impone.
La stretta interdipendenza fra economia e territorio, messa in evidenza con riferimento all'organizzazione distrettuale ed all'uso produttivo delle risorse, ha caratterizzato in maniera molto evidente le tendenze di sviluppo del settore terziario. In particolare, il terziario legato all'attività produttiva è stato pienamente investito dai processi di globalizzazione dell'economia, entrando direttamente in mercati maggiormente aperti e competitivi e dovendo adattarsi ai mutamenti imposti dalle dinamiche di internazionalizzazione delle imprese. La genesi di gran parte del terziario regionale è infatti collegabile ai processi di esternalizzazione di funzioni aziendali ed ai modelli cooperativi di divisione del lavoro tipici dei distretti. La logistica asssume così un ruolo decisivo nella tenuta competitiva dei sistemi d'impresa e sicuramente stanno crescendo intelligenza e competenza logistica nel settore industriale che solo in parte trovano risposte adeguate nell'attuale organizzazione dei sistemi di trasporto.
Dallo studio della moderna pianificazione emergono alcune problematiche tra loro interconnesse, le principali delle quali possono essere rappresentate dalla necessità di attrezzare il territorio per entrare nelle reti internazionali, accrescerne il livello di specializzazione e di peculiarità, garantire il mantenimento di identità locale. Se la vera caratteristica della globalizzazione è lo scambio continuo, la circolazione di merci ed informazioni favorita dalla banalizzazione dei costi di trasporto, potrebbe allora derivarne, in alcuni casi, una accentuazione della differenza e non una omologazione o indifferenza della localizzazione.
E' il rapporto impresa-territorio ad essere messo in discussione: oggi le imprese tendono a de-territorializzarsi, a vivere su più territori, a metterli in concorrenza. In un certo senso, il territorio non "possiede" più le imprese, parimenti, il territorio non può più contare solo sulle imprese che nascono localmente per ammortizzare gli investimenti necessari per competere nelle reti internazionali. Ogni area deve porsi il problema di attrarre imprese che non hanno esperienza di quel territorio ma ne colgono originalità, differenze, fattori distintivi, opportunità di insediamento ad elevata redditività.
In tale mutato contesto assumono importanza strategica gli "spazi interstiziali", ovverosia i nodi in cui possono verificarsi strozzature ed inefficienze nella fluidificazione dei flussi materiali ed immateriali (infrastrutture portuali ed aeroportuali, piattaforme logistiche, reti stradali, ferroviarie e relative infrastrutture puntuali, nodi telematici). L'intermodalità è posta al centro di supply chain sempre più articolate e complesse che necessitano di processi e comportamenti efficienti e sempre più integrati, principalmente con riferimento ai servizi ed alle infrastrutture.
Il futuro dei territori a scala regionale dovrà quindi fondarsi su pianificazione, programmazione e progettualità infrastrutturale e di servizi, cioè reti sistemiche materiali ed immateriali per lo sviluppo sostenibile di territori geo-economicamente caratterizzati da fattori distintivi.



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